Franco Branciaroli e il regista Paolo Valerio hanno portato in scena le contraddizioni dell’animo umano e i grandi quesiti delle società di ogni tempo.

Un muro di mattoni occupava il fondo del palcoscenico. Lo stesso regista ne aveva anticipato il senso: un richiamo iconografico a molti palazzi veneziani e parallelamente al pianto di un popolo esule. Nella realtà, è stato questo e anche qualcosa in più. Sulla parete (scenografia di Marta Crisolini Malatesta) si aprivano porte e finestre con i loro sprazzi di luce, e con la funzione di inquadrare le varie scene come fossero opere pittoriche. Il regista Paolo Valerio si è mosso come un artista di street art e ha composto sul muro dei quadri viventi aventi l’incisività di un graffito, con quella semplicità di tocco di chi sa bene cosa vuole dire e sa come dirlo, con eleganza ed efficacia.

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Due panche a vista, poste ai lati, accoglievano gli attori collocando in scena il fuoriscena, secondo un metodo antico che Valerio ha sviluppato, guarnendolo con movimenti e rumori ritmici a fare da “effetti sonori” ai passi più incalzanti assieme alle ben centellinate musiche (Antonio Di Pofi). La linea conduttrice è stata quella della tragicommedia, e fra tragedia e commedia Valerio si è mosso in un bilico equilibrato (come la bilancia del mercante) e di buon gusto, riportando così il teatro shakespeariano alla sua funzione cinquecentesca di intrattenere piacevolmente il pubblico.

L’Estate Teatrale Veronese ha abituato da ben 74 anni a proposte di alto livello qualitativo, molte in prima nazionale, e presenta al suo interno, come fiore all’occhiello, il Festival Shakespeariano, uno dei punti cardine della programmazione teatrale italiana e non solo. Era in prima nazionale anche lo spettacolo che ha aperto il cartellone di prosa 2022, Il mercante di Venezia, coprodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Centro Teatrale Bresciano e Teatro degli Incamminati.

Regista e interpreti si sono impegnati a scandagliare l’animo umano, soprattutto nelle sue contraddizioni. Da un lato Valerio ha giostrato come si diceva sui toni del drammatico e del divertente, sulla ragione e sulla follia, sull’amore tra uomo e donna presentando anche un bacio ‘omo’ tra Antonio e Bassanio a suggerire un’amorevole complicità fra i due.

[Simone Di Luca Photography]

Dall’altro, l’immenso Franco Branciaroli ha impersonato un Mercante mutevole come un camaleonte, viscido come una serpe, eppure profondamente umano. Branciaroli ha compendiato, in sapienti tratti, lo spirito cangiante di Shakespeare così come la multiforme indole dell’ebreo. Un personaggio avido e vendicativo, a sprazzi spietato, freddamente razionale, asservito al proprio interesse senza restarne accecato, anzi mantenendo una tale lucidità da aver instillato negli spettatori il sospetto che avesse una certa dose di ragione, derivante dalle continue vessazioni subite, dalle prevaricazioni, da una vita passata a ricevere insulti. L’attore ha palesato anche il lato debole di Shylock, quella pochezza di spirito che sovente affligge gli uomini. Ha mostrato, del personaggio, sia gli aspetti detestabili che quelli giustificabili. E ha guarnito il tutto con una sottile, suggerita più che palesata nondimeno tangibile, vena di quella ironica follia tanto amata dal drammaturgo inglese. Uno Shylock da disprezzare e col quale simpatizzare, da giudicare e da capire, che ha suscitato compassione ma anche comprensione.

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In altre parole, Branciaroli e Valerio ci hanno messo di fronte alle contraddittorietà dell’oggi, mostrandoci più di un punto di congiunzione con quelle di ieri. O, nel caso di Shakespeare, dell’altro ieri (costumi di foggia antica reinterpretata da Stefano Nicolao). I temi affrontati dal Bardo sono infatti di attualità senza tempo: dilemmi etici e sociali, scontri fra religioni (il Rabbino della Sinagoga di Roma ha definito questo testo di Shakespeare “profondamente antisemita”), impicci d’amore e d’amicizia, brama di denaro e sete di vendetta. Che sono, drammaticamente e beffardamente, le stesse questioni che affliggono sia l’uomo sia la società del Duemila. Su tutto, concetto spiazzante per ogni epoca, appare lampante che il divario tra bene e male stia in una linea sottile e non dritta, bensì mutevole. Shylock non è cattivo: è stato fatto incattivire. E la crudeltà che lui prova verso gli altri non è minore di quella che muove gli altri verso di lui.

[Simone Di Luca Photography]

Affiatata la compagnia che ha attorniato il maestro Branciaroli. A iniziare dal mercante Antonio di Piergiorgio Fasolo, venato da una malinconia dai tratti lirici: colui che, se il prestito non sarà restituito, dovrà offrire il petto al taglio di una libbra di carne vicino al cuore. Mostrava spavalderia il suo amico e beneficiario del prestito, Bassanio, tratteggiato da Stefano Scandaletti. La nobile e astuta Porzia, alla cui mano ambisce Bassanio, aveva il carattere determinato conferitole da Valentina Violo. La di lei ancella Nerissa era la spigliata Dalila Reas, mentregli altri elementi della compagnia erano i bravi Francesco Migliaccio, Emanuele Fortunati, Lorenzo Guadalupi, Giulio Cancelli, Mauro Malinverno, Mersila Sokoli.

Uno spettacolo di una certa lunghezza (per i frenetici standard odierni, non certo per Shakespeare), e che tra le carte vincenti ha annoverato la traduzione a cura di una delle migliori penne contemporanee: Masolino D’Amico. Il quale era presente al Teatro Romano in qualità di membro della giuria che ha assegnato e consegnato il prestigioso Premio “Renato Simoni” a Massimo De Francovich.

Il finale? Non poteva mancare un coup de théâtre, anch’esso giostrato sulla doppia riga del poetico e dell’umoristico: Shylock, ebreo costretto a convertirsi alla religione cristiana, tiene tra le mani un’ostia e… sarà salvato oppure…? Non resta che andare a vedere lo spettacolo in una delle prossime repliche programmate nella Penisola.

Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Romano di Verona, Estate Teatrale Veronese, Festival Shakespeariano, il 2 luglio 2022
Contributi fotografici ETV e Stabile del Veneto
Immagine di copertina: Simone Di Luca Photography

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